sabato 26 gennaio 2013

Rileggere Anne, non solo oggi.

Memoria, per essere davvero sentita, vissuta, condivisa, è anche calarsi nel personale. Memoria non può essere un giorno, uno soltanto, in cui spesso le parole si sommano le une alle altre, a volte senza essere all'altezza del loro intento. Ci sono parole che sono rimaste nella Mmemoria (iniziale piccola e grande al contempo) proprio perchè irrinunciabili. Per parlarvene per una volta allora rinunciamo alla voce corale che in queste pagine usiamo per una voce personale, e pubblichiamo una riflessione di Germana su Anne Frank.

Per poter preparare al meglio una relazione in queste giornate dedicate alla memoria ho riletto il Diario di Anne Frank. L’avevo letto da bambina, nell’edizione Nuova Universale Einaudi del 1970. Un’edizione monca, come è ormai risaputo. Niente a che vedere con le versioni ora disponibili, anche se all’edizione integrale sono state rivolte molte critiche da un punto di vista storiografico, di fedeltà alla sistemazione degli originali. Non è stato questo ciò che ha attirato la mia attenzione, però. Ho seguito Anne nella sua scrittura, nel suo riportare a Kitty gli avvenimenti della giornata, e ciò che ho letto e provato mi ha toccato profondamente.

Intanto, Anne è solo tredicenne quando riceve in dono il diario, e le sue prime pagine sono ingenue, appena adolescenziali, i suoi interessi rivolti quasi esclusivamente alle relazioni con le amiche, alle prime infatuazioni. Poi la svolta, la fretta di nascondersi per sfuggire alle deportazioni naziste. E gradualmente il tono cambia. Nel giro di due anni non è più la stessa Anne che scrive. Il cambiamento è evidente anche nel modo di rivolgersi a Kitty, che diviene sempre più una vera e propria corrispondente, una vera amica immaginaria alla quale occorre spiegare nel dettaglio gli avvenimenti, cercando di produrne una cronaca il più possibile oggettiva, scindendone gli aspetti personali e le emozioni. Ma quel che mi ha colpito di più è stata l’opera di scandaglio interiore di Anne, la sua capacità di descrivere emozioni e stati d’animo, il suo stesso processo di crescita, e di farlo con una padronanza eccezionale della parola scritta.

Avevo letto il saggio di Aidan Chambers, La penna di Anne Frank pubblicato da Equilibri e lo avevo trovato interessante, ma avevo ancora una memoria confusa del Diario. Rileggendolo ora mi rendo conto di quanto Chambers abbia ragione: Anne Frank è stata una grande scrittrice e il suo Diario, oltre che una testimonianza, è una grande opera letteraria, un libro che andrebbe letto al di là della ricorrenza. Quanto potrebbero riconoscersi gli adolescenti nei conflitti con i genitori e gli adulti, nelle riflessioni sull’educazione ricevuta, nella confidenza conquistata con Peter, ma anche nelle delusioni del primo amore, nei suoi passaggi poetici di osservazione del cielo dalla finestra della soffitta? Davvero ci depriviamo di un piccolo capolavoro quando lo releghiamo sullo scaffale dei libri sulla Shoah.


Germana Paraboschi - La Libreria dei Ragazzi di Brescia

 In questi giorni il museo dedicato ad Anne ospita una mostra intitolata Adesso ho quindici anni. Qui trovate il link al museo, che per continuare a diffondere la voce di Anne ha creato un canale you tube, una pagina facebook, e potete posare la vostra foglia sull'albero di Anne, un modo per rileggere le sue frasi più belle.



Accade poi di pensare la stessa cosa per il libro di Matteo Corradini, La Repubblica delle farfalle, che a febbraio sarà il nostro libro del mese. A febbraio? Si, a febbraio perchè Memoria continua in ogni attimo in cui si sceglie di riconoscere la dignità, perchè di questa repubblica di bambini che Matteo racconta del campo di raccolta di Terezin quello a cui da voce è una esperienza straordinaria: la creazione di Vedem, uno dei giornali creato dai ragazzi del campo, che raccoglieva notizie ma anche poesie, interviste ma anche disegni. E perchè questo romanzo non venga relegato, come dice Germana: perchè queste farfalle che sopravvivono all'inverno hanno battiti d'ala e brani di vita, sentimento, coraggio di cui leggere e parlare ogni giorno, a gennaio, a marzo o al principio dell'estate.

 
La farfalla, di Pavel Friedmann, Vedem,  4 giugno 1942
 
L’ultima, proprio l’ultima,
di un giallo così intenso, così
assolutamente giallo,
come una lacrima di sole quando cade
sopra una roccia bianca
- così gialla, così gialla! -
l’ultima,
volava in alto leggera
aleggiava sicura
per baciare il suo ultimo mondo.
Tra qualche giorno
sarà la mia settima settimana
di ghetto…
Ma qui non ho visto nessuna farfalla.
Quella dell’altra volta fu l’ultima:
le farfalle non vivono nel ghetto.

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